“In a world full of plenty, hunger should be a thing of the past” 

Il 5 febbraio ricorre la giornata contro lo spreco alimentare che, come ci ricorda il sito Economia Circolare, è uno degli obiettivi chiave dei 17 SDG da raggiungere entro il 2030. Valeria Morelli scrive un articolo molto interessante in cui descrive una serie di app per ridurre la quantità di alimenti scartati e sprecati ogni anno e, in ultima analisi, per abbassare jl livello di emissioni che inquinano il pianeta. Insomma, buttando meno cibo si elimina alla fonte il problema di sovra produzione, costi logistici, sprechi energetici ecc. Una gestione delle risorse alimentari più attenta e controllata ci aiuta a fare del bene alla natura.

            Questo brillante articolo mi ha offerto lo spunto per alcune riflessioni. La prima è che qualcosa non quadra. “L’uomo è ciò che mangia”, diceva Feuerbach, e va da sé che se il mancato accesso a risorse di cibo adeguate rende impossibile salvare il pianeta e quindi inventare giocattoli hi tech per evitare gli sperperi. A differenza di quanto detto nell’articolo succitato, io credo che ridurre lo spreco alimentare sia in primis un imperativo etico e morale, invece che ecologico. Buttiamo meno alimenti, inquiniamo di meno e piantiamo più alberi per sfamare animali e insetti, ma metà della popolazione mondiale soffre di insicurezza, se non di carenza cronica, di cibo... Non ha senso.

            Dal punto di vista di chi ha vissuto tranquillamente 25 anni senza app sullo smartphone, mi sento di dire che la lotta allo spreco parte dallo sguardo con cui vediamo il mondo e da come riflettiamo sull’interrelazione fra noi e la natura. È per pura fortuna che siamo nati in una parte del globo in cui si può scegliere fra almeno tre alternative di colazione e menu pressoché infiniti a pranzo e a cena. Eppure, come ci insegna Thich Nhat Hanh, le nostre esistenze sono tutte collegate fra loro, e la vita che scorre in animali e piante, che rispettiamo e proteggiamo, è la stessa che vive in noi. Ecco perché penso che l’utilizzo di un’applicazione per memorizzare le date di scadenza degli alimenti acquistati sia solo la conseguenza di una spesa consapevole, e non il salvagente che ci permette di non buttare le eccedenze. In particolare, potrebbe essere utile porsi tre domande: mi serve davvero? Posso farne a meno? Posso comprarlo un’altra volta?

            A questo proposito, il Banco Alimentare, che opera da decenni per sensibilizzare l’opinione pubblica sul valore del cibo, ci ricorda che, a proposito delle emissioni di anidride carbonica,  la FAO stima siano circa 3,3 miliardi le tonnellate prodotte dagli sprechi alimentari. Si calcola che, se lo spreco fosse uno stato, sarebbe al terzo posto tra i paesi responsabili del maggior numero di emissioni, dopo Stati Uniti e Cina. Oltre che per l’inquinamento da CO2, la dilapidazione del cibo è causa di una deforestazione sempre maggiore, che porta ad una grossa perdita in termini di biodiversità.

            Tuttavia, Grazie a campagne mirate, la coscienza generale riguardo al problema dello sperpero alimentare ha fatto enormi passi avanti. E non solo a livello personale, dato che, come abbiamo già accennato, è una responsabilità collettiva e condivisa, che si concretizza con piccoli accorgimenti quotidiani (organizzare la spesa, non esagerare con le quantità, fare attenzione alle etichette e alle date di scadenza, conservare correttamente i cibi).

            Anche a livello aziendale, incominciano ad essere adottate diverse soluzioni per migliorare tutta la catena di produzione e del consumo: investimenti in infrastrutture post raccolta, l’utilizzo di software gestionali per organizzare gli ordini e le eccedenze, il calcolo delle quantità precise di alimenti che compongono i pasti, ad esempio per le mense aziendali e scolastiche… Vi sono poi associazioni, come Too Good to Go, che hanno fatto della lotta allo spreco la loro missione: tramite un’app, è possibile acquistare - direttamente dai rivenditori- il cibo non venduto (nel circuito della ristorazione, nei supermercati e nei negozi di alimentari), e che andrebbe altrimenti buttato, sotto forma di scatole a sorpresa, a un prezzo molto vantaggioso.

             Quindi la tecnologia, tramite le app e gli strumenti figli della Smart Industry, può dare un contributo più che valido alla lotta contro lo spreco alimentare. Ma tutto deve partire da noi.

            E uno dei modi più semplici e immediati per aiutare a combattere un aspetto complementare del problema, seppure agli antipodi, ovvero la malnutrizione mondiale, è solo a portata di un click del mouse: Unicef ha ideato “Share the meal”, un’applicazione per donare pasti alle popolazioni di varie zone del mondo colpite da guerre, carestie, disastri naturali. Ogni pasto donato (0,80 eurocent) corrisponde all’aiuto concreto per una famiglia, e si può scegliere quanti pasti regalare e se rendere la donazione costante oppure una tantum. Si fa comodamente dal telefono tramite paypal o carta di credito. Poi c’è Free rice, un gioco a quiz pensato con lo stesso scopo: offrire riso alle popolazioni afflitte da carenze alimentari ma educando contemporaneamente gli utenti in modo divertente. Infatti, per ogni risposta esatta si accumulano dieci grammi di riso da donare al WFP (World Food Programme), per cambiare la vita di chi soffre di malnutrizione.

 “Non riesco a sopportare quelli che non prendono seriamente il cibo”– Oscar Wilde.